Il nostro guscio di protezione dagli altri: le routine difensive

Se pensassimo un attimo con sincerità al nostro abituale modo di comportarci dovremmo convenire che durante la maggior parte delle nostre interazioni sociali tendiamo a mostrare la nostra parte più superficiale. In altri termini potrei dire quella parte che funge da nostro alter ego sociale.

Alla base di queste maschere sociali troviamo quelle che Argyris ha definito routine difensive, ovvero modi abituali di interagire con gli altri che, nel corso della nostra vita abbiamo appreso essere efficaci per proteggerci dalle minacce e dall’imbarazzo che potrebbero nascere da un’interazione con un’altra persona.

Le routine sono una specie di guscio protettivo intorno ai nostri presupposti più profondi, a quei modi consolidati di pensare e definire il mondo che abbiamo in più occasioni definito modelli mentali. Esse ci difendono dalla sofferenza ma al contempo ci impediscono di comprendere le cause della pena, proprio perché si oppongono all’esplorazione di più chiavi interpretative degli eventi.

 

Alla base delle routine difensive troviamo la paura di esporre  apertamente e pubblicamente il modo di pensare che sta al di sotto dei nostri punti di vista, come se fosse fonte di vergogna o disappunto per gli altri.

Chiaramente questa sorta di “pudicizia ideologica” è scatenata dal timore che gli altri possano scoprire qualcosa di erroneo nel nostro modo di essere e pensare: in una parola, temiamo il giudizio. Per questo le routine difensive ci difendono, perché ci offrono un codice di interazione con gli altri socialmente accettato, che funziona e protegge il nostro io più profondo.

Capite bene che il forte limite di questa tattica di difesa risiede nel trasformare i rapporti in interazioni superficiali che non possono affatto garantire una vita piena ed autentica. Per essere compresi ed amati dobbiamo metterci a nudo anche se questo può significare offrire il fianco a qualcuno che potrebbe ferirci. Rinunciare per paura di star male equivale a rinunciare alla vita stessa.

Concludo citando lo stesso Argyris, in modo che ci lanci una provocazione, sulla quale spero rifletteremo insieme.
“Il paradosso è che quando le routine difensive riescono ad impedire una sofferenza immediata, ci impediscono anche di apprendere anzitutto come ridurre la sofferenza”.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *