Come dall’imperfezione e da una ferita può nascere una rinnovata perfezione estetica e interiore

Riflettevo sull’importanza del “cadere a pezzi”, sulla capacità che le ferite esistenziali hanno di rimarginarsi lasciando una cicatrice che segna il nostro processo evolutivo. In termini più semplici, la nostra vita è segnata da dolori più o meno forti e, ogni volta che abbiamo dovuto affrontarli, superandoli ci siamo arricchiti. Può sembrare semplicistico, ma di fatto noi uomini nel momento in cui ci troviamo in una situazione di tranquillità, dimentichiamo troppo facilmente di dedicarci alla nostra interiorità e crescita: sono solo le situazioni al limite, quelle in cui ci frantumiamo, che ci costringono ad andare a fondo, a scoprirci e ad ascoltare il nostro io più vero.

Senza l’urgenza di placare un malessere, ci adagiamo, nostro malgrado, nella mediocrità dell’accontentarsi, trascinandoci, più o meno consapevolmente, nella routine in cui tutti i giorni sono uguali. Non ci rendiamo conto che così priviamo la nostra esistenza del valore profondo, la banalizziamo, ne distruggiamo la ricchezza.

A tale proposito mi torna in mente l’arte del kintsugi, termine giapponese che letteralmente significa “riparare con l’oro“, poiché si tratta di una particolare tecnica che, per riparare oggetti in ceramica, utilizza oro o argento liquido per saldare i frammenti del manufatto iniziale.

La pratica infatti, nasce dall’idea che dall’imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore. Alla stessa maniera, credo fermamente che ogni  forma di dolore nella quale ci imbattiamo nel nostro cammino rappresenti una possibilità concreta di migliorarci, di diventare più preziosi.

Ci sono artisti e maestri artigiani in Sol Levante che così producono opere d’arte uniche e preziose, il cui valore non è minimamente commensurabile a quello che l’oggetto aveva prima di essere frantumato e poi ricomposto. Questa rinascita dell’oggetto che, come fenice, viene impreziosito nel processo di ricostruzione mi ha fatto subito pensare per similitudine alla vita.

Ogni cicatrice, ogni dolore, ogni livido sono il segno della nostra crescita, dobbiamo capovolgere la comune percezione e ringraziare quell’evento senza il quale avremmo continuato in maniera automatica e spersonalizzata.

Estremizzando quindi, vi esorto a non preoccuparvi di cadere a pezzi, perché solo nel tentativo di ricostruirsi costantemente è racchiuso il germe della rinascita.

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